Novembre 11, 2024 / Articoli
La terapia del respiro
Nonostante siano molti i professionisti della salute che consigliano di porre attenzione al proprio modo di respirare, purtroppo ad oggi questa pratica è ancora molto sottovalutata. Eppure il legame tra respirazione e stato di salute psicofisica è ampiamente accertato, e il respiro è strettamente connesso al nostro benessere o malessere.
Facciamo una premessa:
Il sistema nervoso autonomo è quella parte di sistema nervoso che governa le funzioni vegetative, cioè tutte quelle funzioni che per noi sono involontarie e non possiamo controllare “a comando”. Questa parte di sistema nervoso si divide a sua volta in sistema nervoso simpatico e parasimpatico. Il simpatico, in parole spicce, è quello che ci attiva, che ci fa rispondere con la modalità “attacco o fuga” ai pericoli e ci fa svolgere le attività quotidiane. Il parasimpatico invece ci spegne, favorendo il rilassamento, il sonno e anche le funzioni digestive.
Perché questa premessa?
Il sistema nervoso autonomo (SNA) è come una centralina che si interfaccia con tutto il corpo, riceve ed elabora stimoli ambientali con lo scopo di farci mantenere l’equilibrio e di farci sopravvivere a qualunque costo.
Questa centralina può essere alterata da diversi fattori come lo stress e/o dolori cronici, ritmi circadiani alterati, cattiva alimentazione, sedentarietà o attività fisica estrema (soprattutto se fatta la sera), alterazioni del sonno, ecc..
Ovviamente se la/le situazioni alteranti sono limitate nel tempo, il nostro SNA mantiene l’equilibrio tra mente e corpo e si tornerà facilmente alla normalità, mentre se è alterato in modo cronico non possiamo stare bene.
Se il SNA rimane alterato per più di 6 mesi compaiono sintomi vaghi e specifici (chiamati MUS): stanchezza diurna, insonnia, piedi e mani sempre freddi o sudati, pelle secca, alterazione pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, delle funzioni respiratorie e gastrointestinali, disturbi sessuali e urinari, disturbi della termoregolazione. Si tratta di sintomi che tendiamo spesso a normalizzare o accettare quando, invece, sono campanelli d’allarme che se ascoltati possono fare la differenza, un S.O.S del nostro sistema nervoso che ci dice “sei ancora in tempo, ma devi cambiare qualcosa!”, altrimenti si finirà con lo sviluppare una patologia.
Il SNA è anche legato al senso di fame e sazietà, alla secrezione di ormoni tiroidei e di insulina ed è quindi implicato anche nell’accumulo del grasso corporeo! Se il SNA è alterato e abbiamo già accumulato grasso corporeo (sopratutto viscerale) sarà molto difficile, a volte impossibile, perdere questo grasso senza ripristinare il corretto funzionamento del sistema nervoso.
E quindi cosa c’entra tutto questo con il respiro?
La modalità con cui respiriamo è in grado di attivare o disattivare il SNA! In base alla quantità di ossigeno ed anidride carbonica inspirati ed espirati avrò una diversa attivazione dei sistemi simpatico e parasimpatico, un diverso stato di acidosi/alcalosi tissutale e un diverso rilascio di ossido nitrico (molecola vasodilatatrice). Inoltre verranno implicati in modo diverso i vari muscoli respiratori, tra cui il diaframma, influenzando ulteriormente il nostro stato di benessere.
Se la nostra respirazione è alterata (es. troppo veloce e superficiale oppure inspirazione o espirazione insufficienti oppure respiriamo sempre con la bocca) peggiorerà il nostro stato infiammatorio e di conseguenza tutti i disturbi/patologie. Al contrario, se porto attenzione al respiro, posso modularlo a mio vantaggio forzando il SNA a lavorare nel modo corretto!
Esiste un modo per determinare lo stato della centralina (cioè del SNA) e capire come modulare il respiro?
Ebbene sì, è uno strumento che si chiama PPG STRESS FLOW: si tratta di una fotopletismografia che permette l’analisi non invasiva del SNA e della variabilità della frequenza cardiaca (HRV). In pratica, attraverso dei sensori posti sui due indici delle mani è possibile rilevare una serie di parametri come la temperatura corporea, la frequenza cardiaca, il ritmo respiratorio e la permeabilità capillare che nel loro insieme ci dicono lo stato di stress della persona, lo stato di salute generale e di infiammazione e l’eventuale alterazione dei ritmi circadiani.
Abbinare la misurazione del sistema nervoso autonomo a quella della composizione corporea (BIA) permette di trovare la soluzione più idonea per la persona e di lavorare sulla salute a 360°. Utile sopratutto in quelle situazioni in cui si fatica a perdere grasso o in caso di disturbi cronici come stanchezza, mal di testa, sintomi gastrointestinali, per patologie croniche o per valutare lo stato di salute e performance nella persona sana.
Quali dati fornisce lo strumento?
Facciamo una carrellata di quelli più significativi:
HRV (variabilità cardiaca): misura le micro variazioni di battiti cardiaci nell’unità di tempo ed è governata dal sistema nervoso autonomo. Più una persona è sana e migliore sarà la sua variabilità cardiaca tra un battito e l’altro. Questo significa che l’organismo risponde correttamente ai vari stimoli a cui viene sottoposto. Un organismo poco resiliente, stressato e infiammato o con patologie già conclamate avrà un HRV più basso, quindi l’HRV può essere usato, insieme ad altri parametri, come indicatore di salute generale, di stress e di efficienza di SNA.
SDNN (deviazione standard dell’HRV). Può essere considerato un parametro clinico di HRV, cioè un parametro che valuta l’organismo in modo più sistemico, correlandolo a stati patologici. Se questo parametro è troppo basso il soggetto è da considerare non sano, infiammato e stressato! Lo stress riduce la variabilità dell’organismo in generale perché si deve “concentrare” e risparmiare energie per le funzioni di sopravvivenza. Quando l’SDNN è basso o non ottimale qualunque intervento messo in atto dalla persona, ad es. farmaci e/o dieta, non porterà ai risultati sperati.
RMSSD è un altro parametro statistico della variabilità cardiaca ed è associato all’efficienza dell’attività vagale: in pratica mi dice quanto il soggetto è in grado di sfiammarsi da solo. Se è basso significa che c’è infiammazione e bassa efficienza del sistema immunitario. Se RMSSD è molto basso è addirittura associato ad un maggior rischio di morte prematura. Lo stress cronico, la sedentarietà e l’alterazione dei ritmi circadiani riducono la capacità antinfiammatoria dell’organismo e di conseguenza l’RMSSD.
VLF/LF/HF sono 3 segnali indicatori del sistema nervoso simpatico e parasimpatico:
VLF (Very Low Frequency) indicano la parte più profonda del sistema nervoso simpatico e sono quindi associate ad uno stato di allarme perenne e quindi a stress cronico. In pratica il soggetto di sente sempre minacciato, sia che la minaccia sia reale o percepita.
LF (Low frequency) sono le frequenze alte nella fase diurna, quelle corrette, che fanno funzionare il sistema per le attività quotidiane, cioè sono la parte sana del sistema nervoso simpatico. Se c’è un valore alto di LF diurno c’è salute.
HF (High frequency) sono alte nel sonno profondo e nell’intervallo digestivo. Indicano la parte parasimpatica del sistema nervoso e quindi, se sono in un range corretto, la persona avrà buona capacità antinfiammatoria, immunitaria, ormonale e riuscirà a “spegnere lo stress” quando necessario. Se HF è troppo bassa significa che il sistema è sempre in allarme e non riesce mai a spegnersi e riparare l’infiammazione. Se HF è troppo alto è meno grave, ma significa che il corpo ha un gran bisogno di recupero, di sfiammarsi e riparare i danni.
THM è una particolare frequenza, scoperta già nel dopo guerra e chiamata Magic Wave perché si è visto che chi l’aveva era più in salute e più performante. Se abbiamo THM abbiamo alta capacità autonomica e adattativa.
Permeabilità capillare è la capacità dei vasi sanguigni, in particolare dei capillari, di permettere il passaggio di fluidi, soluti e talvolta anche di cellule tra il sangue e i tessuti circostanti. Quando è alerata la parete dei capillari è troppo “aperta” e questo è indice di infiammazione e stress cronico.
In base a tutti questi dati messi assieme è possibile avere una stima di come funziona il nostro SNA e di conseguenza valutare un esercizio respiratorio personalizzato (biofeedback) che consenta di riportare il sistema in equilibrio.
Ma la respirazione si può allenare e migliorare in diversi modi, ad esempio con pratiche come la meditazione, il pilates, il rebirthing e lo yoga. Quindi vi lasciamo con questo breve pensiero scritto dall’insegnante di yoga Glenda Antico (Iyengar Yoga):
La prima cosa che possiamo fare per conoscere il respiro e’ osservarlo. Questa semplicissima pratica e’ in realtà molto difficile perchè comporta una serie di ostacoli da superare. Per iniziare e’ piu’ semplice restare fermi in una posizione che ci consenta di avere una visione simmetrica e che permetta, solo in una seconda fase, di allargare il respiro. Vedremo che l’osservazione e’ sfuggente e tende ad andare altrove, pertanto bisognera’ continuare a riportarla sul respiro. Potrebbe accadere che, se siamo nervosi, non riusciamo nemmeno a restare in osservazione del respiro. E’ come se questa osservazione ci costringesse a porre attenzione alla parte di noi stessi che meno ci aggrada. Per superare questo disagio, la soluzione puo’ essere di iniziare a muoversi, praticando asana, e una volta che abbiamo imparato a mantenere l’attenzione sull’asana, allora possiamo riprovare a fermarci ed osservare il respiro. Pian piano, riuscendo a stare fermi e ad osservare il respiro, ci calmiamo sempre di piu; si tratta di un processo in cui abbandoniamo l’attenzione da altre cose e la portiamo a quell’unica cosa che ci rappresenta: il respiro appunto. Non e’ solo una meditazione sul respiro, perché mano mano che entriamo nella profondità dell’osservazione notiamo che si modifica il nostro corpo, l’area organica, la consistenza dei muscoli, la tensione epidermica e via via parti piu’ sottili del nostro essere fino alla coscienza. Da questo momento in poi, vi lascio ad osservare il mondo che si apre a voi, mondo intimo ed infinito.
Dott.sse Alice Peltran e Veronica Casilli