Camminando tra la meravigliosa fatica di giovani contadini

Da parecchi anni ho la fortuna di apprezzare il duro lavoro di due coraggiosi ragazzi e con piacere ve li faccio conoscere oggi! 

La loro azienda è dislocata ai piedi del Montello (TV) proprio a 10 minuti da casa mia; il nome burocratico è Piva Michela ed è composta da Marco e Michela giovani, audaci, volenterosi e tosti lavoratori che amano la natura e credono in essa! Sono conosciuti con il nome “Artemisia ovunque” perché questa pianta per loro ha un valore particolare. Spiega Marco: “un anno l’artemisia ci ha salvato dalla Vanessa Cardui, la Vanessa del cardo, eravamo entusiasti avevamo il campo invaso da tantissime farfalle arancioni, uno spettacolo meraviglioso ma ben presto abbiamo capito che le farfalle avevano scelto il nostro campo per riprodursi . Eravamo molto preoccupati, la verdura primaverile era piena di bruchi pronti a divorarla ma per fortuna i bruchi si sono spostati sull’artemisia completando il loro ciclo e trasformandosi in farfalle senza mangiare neanche una foglia di bieta e di lattuga. È stata una salvezza, avevamo iniziato un poco per volta a togliere l’artemisia a mano ma sarebbe servito tantissimo tempo, i bruchi hanno fatto tutto il nostro lavoro”.

Come è nato in voi il desiderio di intraprendere questa attività?

Marco e Michela si sono conosciuti ai tempi delle superiori, a 18 anni hanno iniziato con alcune avventure “ecologiste” come zappare in orti di comunità e come volontariato presso aziende agricole biologiche, così si sono appassionati al mondo dell’agricoltura “naturale”. “Io lavoravo come maestro mentre Michela sperimentava sul campo e dopo 3 anni, nel 2009, abbiamo deciso di diventare agricoltori, vivendo esclusivamente dei frutti della terra.”

Quali sono state le difficoltà iniziali? 

“La difficoltà maggiore è stata trovare terra da coltivare, non abbiamo terra di proprietà. All’inizio la maggior parte delle terre era occupata da mais e soia per l’allevamento, ora dal vigneto, poi pian piano abbiamo trovato ottime situazioni per il tipo di agricoltura che volevamo intraprendere. Coltiviamo un campo di 1 ettaro a Volpago del Montello ed altri 5 ettari a Povegliano, in una terra ottimale perché lasciata da un agricoltore biodinamico che sosteneva il pascolo libero per cui abbiamo trovato la terra nutrita oltre alla presenza di siepi corpose, preziosi boschetti e canali d’acqua (in tutto 3 ettari).”

Come avete iniziato? Avevate qualche aiuto? 

“Fin dall’inizio amici e parenti sono stati essenziali sia per la parte pratica che per l’aspetto psicologico, in compagnia si lavora meglio! Senza questi aiuti sia all’inizio che ora, soprattutto in periodi particolari come d’estate in cui sia lavora molto perché ci sono sia le colture estive da curare e raccogliere che le invernali da preparare, non saremmo riusciti a portare avanti l’azienda. Troppo lavoro da sostenere senza avere la possibilità di retribuire manodopera extra. La grandinata di maggio 2022 ha distrutto tutto ciò che avevamo piantato, abbiamo dovuto bloccare i mercati per 1 mese e mezzo ed anche in questa occasione è stato basilare il sostegno dei nostri clienti abituali, di vivai che ci hanno regalato piantine, di realtà che hanno organizzato raccolta fondi e di amici che hanno lavorato insieme a noi; poi un meteo fortunato ha permesso di ottenere un ottimo raccolto.”

 

Cosa avete cambiato in questi anni di fluttuazioni climatiche? 

“Il nostro metodo di lavoro che comprende la presenza di siepi, di biodiversità, il lasciare finire alle piante il ciclo naturale con la completa maturazione, l’utilizzo di piante spontanee per arricchire il suolo, la presenza di erba sotto gli alberi per sostenere il ciclo di insetti specifici, ha permesso di non avere parassiti invadenti (eccetto la dorifera sulla patata un po’ ostica da debellare) a partire circa dall’ottavo anno di lavoro gli insetti utili sono riusciti a contenere i parassiti ad un livello accettabile. Qualche problema lo creano le monoculture vicine. Ad esempio, in anni siccitosi le monoculture di colza hanno attratto l’Altica, una pulce di terra, la quale poi invadeva i nostri campi. Non è semplice fare agricoltura ecologica in una campagna veneta sempre più devastata e richiede molte attenzioni per ricreare contesti protetti e naturali.”

Marco continua: “Un aspetto a cui dobbiamo far fronte sono le primavere siccitose in quanto non abbiamo l’acqua nei campi che coltiviamo, dobbiamo aspettare che il consorzio apra l’acqua deputata ai campi coltivati. Inoltre, se la siccità come quest’anno è seguita da un periodo prolungato di piogge, fatichiamo a piantare per rischio di marcescenza. Il nostro terreno sassoso necessita poi di molta acqua, soprattutto d’estate così oltre al sistema di microirrigazione a getto abbiamo scelto di utilizzare il sistema goccia a goccia così da mantenere umido il terreno ma contemporaneamente utilizzare meno acqua possibile e con una buona e veloce distribuzione. Abbiamo soddisfazione da questo metodo.”

Michela specifica: “Abbiamo poi pensato di spostare alcune colture in luoghi più ombreggiati per esempio i peperoni sotto zone alberate oppure le zucche tra il mais consociato con i fagioli. Inoltre, zucche e fagioli attendiamo a seminarli perché abbiamo visto che le piante soffrono molto il caldo e poi si bloccano. Prima piantavamo le colture estive tutte insieme mentre ora scaliamo gli impianti in modo da avere sempre piante giovani grazie a cui riusciamo a creare sempre un nuovo inizio.  A prescindere dagli eventi climatici, questo metodo sostiene anche la nostra scelta di vendita al dettaglio, così abbiamo sempre verdura fresca. D’estate per esempio facciamo 4 impianti di zucchine e di cetrioli, 2 di melanzane, 3 di pomodoro etc….”

Marco infine evidenzia: “Per i periodi piovosi ci siamo abituati a raccogliere sotto la pioggia, anche questo aspetto permette di avere un vero contatto con la natura e di ritrovare il senso vero della vita, e apprezzare un posto calduccio alla sera. Stando sempre all’aperto si apprezzano tutte le luci, i colori, i profumi, delle stagioni e ogni anno agricolo è diverso e imprevisto spesso al di là dell’immaginazione. Nulla è scontato nei campi si impara ad osservare e ad ascoltare le piante e le loro esigenze. Noi coltiviamo per il piacere di vedere la forza delle piante generose di colori e sapori. Consiglierei a tutti di vivere per un po’ questa esperienza.”

“Quest’anno abbiamo scelto, dopo 13 anni, di non certificare più l’azienda come bio. E’ stata una scelta non facile ma necessaria. E ’stata un’esperienza utile per imparare a rendersi conto dell’importanza di avere tutto il ciclo di vita delle piante di una certa qualità, sostenendo anche l’uso di semi o certificati bio o autoprodotti. Per noi e per il nostro modo di lavorare non cambierà nulla, abbiamo acquisito dentro il significato di coltivare in un certo modo ma vogliamo avere più tempo per dedicarci alla pratica invece che compilare documenti. Vogliamo piantare alberi, creare siepi e cercare di migliorare con azioni concrete il territorio che ci ospita e di cui purtroppo vediamo sempre più la sofferenza.”

Come fate fruttare la vostra attività? 

“Noi vendiamo attraverso i mercati a Km 0, e attraverso il gruppo di acquisto solidale (ex caserma Piave). Abbiamo nel tempo imparato ad organizzarci, aspetto basilare, per non avere carichi di lavoro troppo concentrati il giorno prima del mercato e per gestire meglio gli afflussi dei clienti in base ai diversi periodi dell’anno. Chi mangia la nostra verdura ci dà molta soddisfazione e apprezza l’attività svolta sul territorio.”

“Dall’esperienza della grandinata abbiamo imparato a valorizzare le eccedenze e i prodotti danneggiati ed a far realizzare prodotti trasformati (fermentati, sott’oli, marmellate), mossa che si è rivelata molto utile per alzare il bilancio aziendale”

Sicuramente il vostro è un lavoro di sacrificio, ma siete soddisfatti?

“Siamo molto soddisfatti dell’agricoltura che portiamo avanti ed il lavoro continua a piacere; abbiamo preso ispirazione da un’azienda di Biella in cui l’agricoltore Luigi Manenti conduce un’agricoltura naturale, senza alcun concime in modo da non portare azoto esterno al terreno anche noi  non usiamo nessun apporto esterno, non ariamo, applichiamo le rotazioni, permettiamo alle piante di svolgere tutto il loro ciclo  in modo che dopo la fioritura si crei nel terreno una flora batterica, grazie alle micorrize che nutrono il terreno, pronta per accogliere il nuovo seme. La verdura non stimolata da eccessi di nitrati non è enorme ma saporita e capace di aiutare il nostro corpo a stare bene. Siamo fieri di essere parte, anche per quanto spiegato, del movimento “genuino clandestino”, nome che ricorda proprio un metodo di lavoro che sostenga la natura in modo che possa funzionare al meglio secondo i suoi ritmi. Ci permette di fare parte di una comunità di sostegno e di solidarietà.

Nel tempo abbiamo però capito che il nostro lavoro è poco remunerativo, è quasi impossibile fare delle ferie, il riposo in certi momenti è poco e spesso dobbiamo rinunciare ad avere vita sociale, tutto viene deciso dalle piante e dal meteo, i carichi di lavoro sono importanti e nel nostro caso, ribadisco, che senza i volontari e gli amici non riusciremmo a sostenere l’azienda. 

Secondo noi le verdure dovrebbero valere di più ma noi siamo incastrati tra i costi reali di produzione che negli ultimi anni sono molto aumentati ed il potere d’acquisto che invece non aumenta. L’industrializzazione delle campagne ha portato a cibi di minor costo ma di sempre minore qualità, questo fa sì che il percepito del valore del cibo sia sempre raffrontato a valori di mercato dinanzi a cui una produzione rispettosa non trova, se non a fatica, la propria possibilità. Inoltre, la cultura alimentare si sta riducendo e tante persone acquistano surgelati o cibi pronti perché in una vita sempre più frenetica non hanno tempo o gli risulta difficile cucinare. Tante verdure vengono preparate solo da certe generazioni ed è necessario un costante lavoro di stimolo e proposta per immergere le persone nel piacere della cucina e dei sapori anche nella ricerca di una vita più sana.

Consigliereste di intraprendere questa attività? Volete fare qualche appello alla vostra clientela?

“Ai giovani scapestrati che vogliono intraprendere questa attività consiglierei di creare una csa (comunità supporto agricoltura) rendendo consapevoli i consumatori relativamente ai rischi del lavoro agricolo ed organizzarsi in modo da far pagare prima la spesa, così i clienti diventano coproduttori e si abituano più facilmente a comprendere le situazioni aziendali. A nostro modo anche noi abbiamo costruito una comunità che ci supporta e che ci sostiene e riconosce i nostri sforzi ma le situazioni estreme che ci troviamo a vivere, i campi sono molto vulnerabili, forse richiederebbero un più esplicito impegno da parte di chi decide di sostenere un modo di produrre che tuteli l ‘ambiente nel proprio territorio  altrimenti si rischia che tante realtà più fragili vadano perse.”

 

Ringrazio molto Marco e Michela a nome dei nutrizionisti per l’ambiente per averci dedicato questo tempo prezioso. E’ stato un grande piacere ascoltare la loro forte esperienza mentre eravamo avvolti dal verde dei loro campi. Li saluto con la speranza di poter continuare ad acquistare da loro “prodotti sani” e che ci possa essere più sostegno per gli agricoltori che lavorano in sinergia con la natura, aspetto essenziale in questa epoca in cui è troppo evidente la necessità di invertire la rotta.

 

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell’aria secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Tratto da “La pioggia nel pineto”, Gabriele D’annunzio