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Plastica, Covid-19 e ambiente

“L’aumento della produzione e del consumo di mascherine e guanti, che sono stati essenziali per proteggere la salute delle persone, e alcuni tipi di imballaggi alimentari hanno provocato ulteriori gas serra e altre emissioni, nonché rifiuti che possono danneggiare gli ecosistemi e gli animali”; questo è quanto fa emergere il report dell’European Environment Agency “Impatto del COVID-19 sulle plastiche monouso e l’ambiente in Europa”. Questo briefing fornisce una panoramica degli impatti ambientali e climatici delle maschere e dei guanti monouso utilizzati per la protezione da COVID-19 e degli imballaggi in plastica utilizzati per l’e-commerce e le consegne di cibo da asporto, da aprile a settembre 2020.

Le importazioni di mascherine e guanti nell’Unione europea (UE) sono più che raddoppiate durante il primo semestre della pandemia e anche la produzione interna è cresciuta; è stato stimato che circa 170.000 tonnellate aggiuntive di mascherine siano state importate nell’UE durante quel periodo, con conseguente aumento delle emissioni di gas serra e altri tipi di inquinamento. A livello globale vengono utilizzati 65 miliardi di guanti ogni mese e il numero delle mascherine è quasi il doppio: 129 miliardi al mese. Questo significa che ogni minuto vengono utilizzate 3 milioni di mascherine. L’istituto italiano ISPRA ha stimato che nel 2020 in Italia ci sono state tra 160 000 e 440 000 tonnellate di ulteriori rifiuti da dispositivi di protezione medica da smaltire. Se solo l’1% delle mascherine utilizzate in un mese finisse nell’ambiente, volutamente o accidentalmente, ciò comporterebbe 10 milioni di mascherine al mese disseminate solo in Italia.

Anche l’uso di imballaggi in plastica è cambiato durante la pandemia, in parte per l’aumento degli acquisti online, e durante i lockdown i ristoranti sono passati al take-away e alle consegne, aumentando l’uso di contenitori per alimenti in plastica monouso.

Ormai quasi 2 anni fa, a inizio pandemia, non avremmo mai immaginato quante mascherine, guanti e imballaggi monouso sarebbero stati usati e che ci saremmo trovati a fronteggiare un’enorme quantità di rifiuti. Sebbene i paesi europei abbiano scelto diverse strategie di gestione dei rifiuti, la maggior parte di loro ha consigliato ai propri cittadini di smaltire maschere e guanti monouso nei rifiuti solidi urbani misti, che in genere vengono inceneriti, sebbene lo smaltimento in discarica sia una pratica comune in alcune regioni d’Europa. L’abbandono di mascherine e guanti è un effetto collaterale ben visibile: si trovano sulle strade, nei fiumi, sulle spiagge, lungo le coste e in mare (Adyel, 2020; Canning-Clode et al., 2020). Gli esperti avvertono che pesci e uccelli possono ingerire plastiche morbide e flessibili; gli animali possono anche rimanere impigliati fisicamente (Hirsh, 2020). Mascherine e guanti sono ora inclusi come elementi da segnalare nel monitoraggio dei rifiuti marini (OSPAR, 2020). Inoltre possono rompersi in pezzi più piccoli a causa di agenti atmosferici, radiazioni ultraviolette e abrasioni, causando inquinamento da microplastiche (Aragaw, 2020). Le microplastiche possono essere rilasciate dalla degradazione dei tessuti dello strato esterno (polipropilene) e dello strato interno (polietilene) che compongono le maschere facciali monouso (Fadare e Okoffo, 2020).

Le emissioni di gas serra relative alla produzione, al trasporto e al trattamento dei rifiuti di maschere monouso (utilizzando come media la composizione del materiale di una mascherina monouso a tre strati in polipropilene che soddisfa i requisiti della norma europea) variano da 14 a 33,5 tonnellate di anidride carbonica equivalente (CO2e) per tonnellata di maschere, a seconda della composizione. La produzione e il trasporto rappresentano la quota maggiore.

In pratica, mentre da un lato si prova a ridurre la produzione di plastica, dall’altro arrivano queste plastiche monouso che alimentano il problema rifiuti. Si prevede che la quantità di rifiuti di plastica che si sta accumulando negli oceani triplicherà nei prossimi 20 anni e non c’è nessuna reale soluzione all’orizzonte. Se tutti gli impegni presi dalle aziende volti ad utilizzare maggiori quantità di plastica riciclata venissero mantenuti, il cambiamento prodotto ridurrebbe questa impennata prevista solo del 7%.

Se con i primi mesi di lockdown e lo stop di moltissime attività avevamo visto una riduzione dell’inquinamento e uno spostamento in avanti di un mese dell’overshootday (il giorno in cui terminiamo le risorse annuali della terra), ora invece ne paghiamo addirittura le conseguenze, poiché questo inquinamento va a sommarsi a quello normalmente prodotto.

Il tema inquinamento e crisi climatica è quanto mai attuale, oltre che urgente. Proprio in questi giorni si sono conclusi i lavori della Cop26 (Climate Change Conference) di Glasgow, segnando la fine del sogno dell’addio ai combustibili fossili in quanto potranno continuare ad essere utilizzati, ma in modo “più efficiente”, arrivando a pattuire solo la loro riduzione e non l’eliminazione. Il presidente della Cop 26 Alok Sharma si è detto profondamente dispiaciuto dell’esito della Conference, sottolineando l’importanza dell’agire  «Ora possiamo dire in modo credibile che abbiamo mantenuto vivo l’obiettivo di 1.5 gradi. Ma, il suo impulso è debole e sopravviverà solo se manterremo le nostre promesse e tradurremo gli impegni in rapide azioni».

In questo mondo così inquinato, a causa nostra, dove continuiamo a produrre e usare plastica in maniera scriteriata, dove a tutto si risponde con ulteriore consumismo piuttosto che con una rivisitazione del nostro stile di vita, dove nel mese di luglio abbiamo già consumato le risorse della terra disponibili per l’intero anno, dove sappiamo che una delle maggiori cause dell’inquinamento sono gli allevamenti intensivi ma non modifichiamo le nostre abitudini alimentari, dove la crisi climatica e la perdita di biodiversità ci porterà sempre più facilmente a carestie, migrazioni e altre pandemie, vogliamo davvero continuare a nascondere la testa sotto la sabbia? O vogliamo aprire gli occhi e renderci più responsabili delle nostre azioni? È necessario prendere atto che tante piccole scelte che facciamo ogni giorno possono contribuire o meno a questa situazione, e che ognuno di noi dovrebbe agire in maniera consapevole e responsabile verso il pianeta che ci ospita e verso le generazioni future.