Maggio 31, 2021 / approfondimenti
Cos’è la dieta a basso contenuto di istamina?
Oggi l’approfondimento è a cura del nostro Presidente, la dott.ssa Michela Trevisan
L’istamina è una sostanza normalmente presente nel nostro corpo che, in una situazione di equilibrio svolge il ruolo molto importante di contribuire a creare l’infiammazione necessaria al nostro organismo per proteggersi da sostanze estranee indesiderate: batteri e virus patogeni che entrano tramite le vie respiratorie, apparato digerente o le ferite. Quando però l’equilibrio si rompe la produzione di istamina del nostro corpo può raggiungere livelli talmente elevati da mettere a rischio la nostra stessa vita. Solitamente questa produzione fuori controllo avviene nelle persone allergiche, dove l’istamina viene prodotta in reazione esagerata al contatto con pollini o con qualche alimento come ad esempio crostacei, semi oleosi, latticini e uova. Oltre alle allergie, ben conosciute fin dall’antichità, vi è però anche l’intolleranza all’istamina, un disordine dovuto all’incapacità del corpo a metabolizzare la sostanza introdotta attraverso gli alimenti; la prima evidenza scientifica risale a circa 20 anni fa, ma l’80% della letteratura scientifica a riguardo si colloca negli ultimi 10 anni e questo dimostra il recente interesse sull’argomento.
La diagnosi di intolleranza all’istamina si effettua attraverso una dieta ad eliminazione. Quando, in presenza di almeno due categorie di sintomi cutanei, respiratori, neurologici o digestivi (vedi approfondimento), escludendo la presenza di un’allergia a qualche cibo o l’assunzione di farmaci che inibiscono l’enzima DAO (addetto alla degradazione dell’istamina in eccesso), si somministra per un periodo variabile tra le 3-8 settimane una dieta a basso contenuto di istamina. Se la sintomatologia si risolve in parte o completamente si può confermare con un certo grado di sicurezza la presenza dell’intolleranza.
Non esiste un valore soglia di istamina che non produce sintomi in persone intolleranti ma esiste molta variabilità e ogni persona deve trovare la propria soglia limite in autonomia o facendosi aiutare da un professionista, solo gli alimenti in cui il livello di istamina è non misurabile possono essere considerati sicuri in caso di intolleranza.
A scopo diagnostico vengono proposti dei test per la misurazione del livello di DAO plasmatico (enzima che degrada l’istamina leggi più sotto l’approfondimento) o il prick test di 50 minuti per l’istamina, ma sono poco affidabili sia per la variabilità dei risultati prodotti sia per il fatto che rilevano solamente i casi di deficienza enzimatica causata da polimorfismo genetico o da farmaci DAO-sequestranti e non quelli che secondari che derivano da un danno della mucosa intestinale.
Non esiste comunque una proposta dietetica univoca perché i livelli di istamina misurati nei diversi alimenti disponibili in letteratura sono molto variabili.
Su alcuni cibi c’è accordo unanime in letteratura: vanno esclusi spinaci, pomodoro e melanzane; carne e pesce, cibi ricchi di istidina, vanno consumati solo se freschi e conservati in modo igienicamente adeguato (a basse temperature) perché durante i processi di stagionatura (insaccati, formaggi e pesce), nella conservazione in scatola o barattolo, e affumicatura i microorganismi coinvolti nel processo producono istamina, che si ritroverà quindi aumentata nell’alimento alla fine del processo produttivo.
Durante i processi di fermentazione o maturazione, l’istamina tende comunque ad aumentare in tutti gli alimenti e per questo motivo vanno esclusi dalla dieta tutti i fermentati come le olive, il kefir, le verdure fermentate, il vino, tutto ciò che contiene alcol, aceto, lievito e batteri, tra cui alimenti in scatola, prodotti pronti, prodotti semipronti, pasti tenuti in caldo o riscaldati, prodotti conservati a lungo. Come regola generale più un alimento è deperibile e maggiore è il suo contenuto proteico, più è importante che sia preparato fresco.
Per complicare ulteriormente il quadro esistono anche degli alimenti che, pur non contenendo istamina, sono spesso associati all’esacerbarsi dei sintomi. In letteratura troviamo diverse categorie di cibi da escludere ed un criterio utilizzato è ad esempio la presenza di altre ammine biogene che si formano per deaminazione di altri aminoacidi: agrumi, funghi, soia e derivati, banana e semi oleosi rientrano in questa categoria a cui spesso vengono aggiunti frutti esotici, kiwi, fragole, e susine per la loro capacità di stimolare il rilascio di istamina endogena anche con un meccanismo poco chiaro.
Cibi esclusi nelle differenti diete a basso contenuto di istamina presenti in letteratura
Cibi esclusi dalle diete a basso contenuto di istamina | ||
<20% * | 20–60% * | >60% * |
Latte | Molluschi | Formaggi stagionati e semistagionati |
Lenticchie | Uova | Formaggio grattugiato |
Piselli | Derivati della soia fermentati | Pesce grasso |
Soia | Melanzana | Pesce grasso o derivati affumicati o conservati |
Funghi | Avocado | Prodotti a base di carne fermentati a secco |
Banana | Spinaci | |
Kiwi | Pomodoro | |
Ananas | Crauti | |
Susine | Agrumi | |
Noci | Fragole | |
Cioccolato | Vino | |
Birra |
* Percentuale delle diete che esclude questa categoria di alimenti.
Fonte: Cobas-Bastè. Histamine Intolerance: The Current State of the Art. Biomolecules 2020; 10(8):1181
Approfondimento biochimico
L’istamina è un’ammina biogena, un composto azotato che il nostro corpo produce a partire dall’aminoacido istidina per azione dell’enzima istidina decarbossilasi. Una volta prodotta viene conservata sottoforma di granuli all’interno di alcune cellule del sistema immunitario quali basofili, mastociti ma anche a livello delle cellule enterocromaffini dello stomaco, dei linfonodi e del timo. Ha molteplici azioni e bersagli: favorisce la contrazione della muscolatura liscia, la vasodilatazione e riduzione della pressione, l’aumento della permeabilità dei vasi sanguigni e stimola la produzione e secrezione di muco a livello respiratorio e di acidi gastrici; agisce come neurotrasmettitore stimolando le fibre nervose responsabili della sensazione di dolore ed è coinvolta nella modulazione della risposta immunitaria, nella regolazione del ciclo sonno-veglia e nell’ematopoiesi.
Una volta secreta, viene rapidamente metabolizzata grazie all’azione di due enzimi:
– la diaminossidasi (DAO), che si trova prevalentemente a livello dei villi intestinali dove impedisce l’ingresso nel circolo sanguigno dell’istamina che arriva a livello intestinale attraverso gli alimenti o che viene prodotta dal microbiota intestinale
– la istamina-N-metiltransferasi, presente in tutti i tessuti ed attiva verso l’istamina introdotta per via endovenosa o intradermica.
Come conseguenza della presenza dei recettori per l’istamina su diversi organi e tessuti, gli effetti provocati da questa sostanza in caso di intolleranza sono molto vari e principalmente a carico dell’apparato gastrointestinale (gonfiore, dolore, diarrea, stipsi), della pelle (prurito, orticaria, eczema, rush cutaneo, gonfiore), sistema nervoso (mal di testa, senso di vertigini), apparato respiratorio (rinite, congestione nasale, difficoltò respiratoria) e cardiocircolatorio (tachicardia, ipotensione, svenimenti), tutti sintomi aspecifici che assomigliano a quelli che si riscontrano in caso di intolleranza la lattosio, sensibilità non celiaca al glutine, rendendo così più difficoltoso fissare dei criteri specifici che aiutino la diagnosi differenziale per questo tipo di intolleranza nonché stimarne l’incidenza nella popolazione.
La maggior parte degli studi sembra riportare un’associazione tra un basso livello di attività enzimatica DAO e comparsa di sintomi da intolleranza all’istamina e questo fa pensare ad un ruolo chiave dell’enzima DAO nell’eziologia dei sintomi. La deficienza enzimatica potrebbe avere un’origine genetica, patologica o farmacologica.
A livello genetico, sono stati individuati dei polimorfismi più frequenti nella popolazione caucasica responsabili di alterazioni nella funzionalità enzimatica della DAO in particolare verso una riduzione della sua affinità per l’istamina che conduce ad avere una minore degradazione della sostanza.
La bassa attività enzimatica può essere sintomo di danno a carico della mucosa intestinale per infiammazione (si associa spesso a sensibilità al glutine) oppure un effetto dell’azione di alcuni farmaci ampiamente in uso come acido clavulanico, un inibitore della beta lattamasi spesso fomulato in associazione al comune antibiotico amoxicillina che avendo una struttura simile a quella della istamina vengono sequestrati.
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