Autosvezzamento: una riflessione

Come Nutrizionista mi sono spesso occupata di accompagnare le famiglie nel mondo dell’alimentazione complementare, ho sempre immaginato che potesse essere un momento delicato, pieno di dubbi e preoccupazioni per i neo-genitori, poi sono diventata mamma e ho capito che i dubbi e le preoccupazioni erano ancora di più di quelli che potessi immaginare e a quel punto si è creata una speciale complicità con ogni famiglia che ha chiesto il mio aiuto da quel momento in poi, una complicità fatta di reciproco appoggio.

Come per tutti i neo-genitori, a un certo punto della vita di mio figlio è arrivato il momento in cui il Pediatra ha cominciato a parlare di svezzamento. Ovviamente ero molto curiosa, per motivi professionali, di quello che ci avrebbe detto. Nel nostro caso ci è stato consigliato l’autosvezzamento, al quale avevo comunque intenzione di approcciarmi ma con qualche perplessità, anche perchè la frase che ha accompagnato il rilascio di un vademecum cartaceo è stata “potete dargli tutto”.

Nella mia mente di nutrizionista ho pensato che quella frase, nelle “mani” sbagliate, potesse fare qualche “danno”. Non a caso una coppia di conoscenti che nulla ha a che fare con il mondo dell’alimentazione, alla stessa affermazione ha ribattuto con “che significa tutto?” E da questa domanda è scaturita una simpatica discussione:

“Cosa non è chiaro della parola tutto? Tutto”

“Ma anche il caviale?”

“Lei mangia il caviale?”

“Beh, si, a volte. Ma anche il tartufo?” … il resto è storia!

Questo per dire che sicuramente l’autosvezzamento si fonda su delle basi nobilissime e su delle evidenze scientifiche, ma è importante che chi le mette in pratica come famiglia abbia una alimentazione sana, concetto non così scontato. Se così non fosse è bene che la famiglia in questione si faccia spiegare che cosa si intende per “alimentazione sana” (perché non è così immediato: per mia mamma il soffritto è sano) da un professionista della Nutrizione (Medico specialista in scienze dell’Alimentazione, Biologo Nutrizionista, Dietista), dato che i Pediatri hanno già molto da fare e non tutti possono occuparsi in maniera approfondita anche di questo aspetto.

In questo scenario non è il bambino che deve adattarsi all’alimentazione dei genitori, sarà piuttosto il contrario.

Ad ogni modo, prima di pensare a qualsiasi alimento da proporre a nostro figlio, ciò che dobbiamo chiederci è:

Dimostra interesse per il cibo degli adulti?

Sta eretto con la schiena?

Ha perso il riflesso di estrusione?

Se la risposta anche solo a una di queste domande è “No”, vostro figlio potrebbe non essere pronto per cominciare  l’autosvezzamento o per lo svezzamento in genere. Forzare un bambino a intraprendere l’alimentazione complementare prima che sia pronto significa rendere questa esperienza passiva oltre che forzata e non è escluso che il rapporto con il cibo diventi in futuro pessimo. Detto questo, se dovesse capitare che tenendo in braccio vostro figlio mentre siete a tavola dovesse, ad esempio, aprire la bocca in segno di interesse, un tentativo di assaggio si può fare anche se magari, non avendo perso il riflesso di estrusione, sputerà tutto. Insomma, lasciamoci guidare anche da loro!

Ormai (quasi) tutti i Pediatri sono d’accordo con il dire che prima dei sei mesi i bambini non sono pronti per l’alimentazione complementare, che siano allattati al seno o meno (l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Fondo per l’Infanzia dell’ONU – UNICEF – considerano il latte umano l’alimento ideale per i bambini fino a 6 mesi di vita). Ovviamente si tratta di una indicazione di massima dato che i bambini non sono macchine e non sono tutti uguali, quindi è necessario osservarli per cogliere i giusti messaggi, perché alcuni potrebbero essere pronti anche molto dopo i sei mesi, alcuni invece potrebbero essere incuriositi già prima come detto poco sopra: mio figlio ad esempio a 5 mesi stava già discretamente eretto con la schiena, quindi lo abbiamo messo a tavola ad osservarci e poco dopo ha cominciato ad allungare le manine, qualche assaggino per vedere se il riflesso di estrusione era stato perduto e a quel punto abbiamo iniziato con degli assaggi più strutturati. Il resto è venuto da sé.

Nel frattempo il latte da al bambino tutto ciò di cui ha bisogno, infatti l’alimentazione è “complementare” e meglio ancora “a richiesta”, quindi è un complemento all’allattamento e non il contrario.

Ho anche sentito dire che se il bambino non manipola allora non sta facendo autosvezzamento, portando non poco stress in quei genitori che imboccano il figlio perché magari non si fidano a fargli fare da solo (Ed è comprensibile. Questo l’ho capito solo dopo essere diventata mamma e soprattutto dopo aver seguito il corso di disostruzione pediatrica delle vie aeree: trauma!). Sappiate che uno spaghetto è uno spaghetto, quindi se voi lo mangiate e contemporaneamente lo offrite a vostro figlio intero/sminuzzato/schiacciato/imboccato/pasticciato resta uno spaghetto e comunque è autosvezzamento.

Per il resto dire “potete dargli tutto” può essere vero se durante il primo anno di età di vostro figlio (direi anche per il secondo):

Non utilizzate sale (Magari il vostro piatto lo salate dopo)

Non proponete cibo integrale (per evitare un aumento eccessivo del transito intestinale del piccolo inficiando così l’assorbimento di micronutrienti)

Non utilizzate zuccheri aggiunti (e qui potrei dire anche per sempre a parte qualche occasione speciale tipo feste e compleanni)

Limitate i latticini soprattutto di origine vaccina (il latte di mucca in ogni caso non va dato prima dell’anno di età, come consiglia anche la Federazione italiana medici pediatri), fatta eccezione per yogurt e ricotta di solo siero, che comunque devono essere proposti in piccole quantità perché per i piccini sono ancora troppo proteici

Proponete alimenti non provenienti da agricoltura e allevamento intensivo (anche questo dovrebbe valere per sempre)

Non eccedete con le proteine di origine animale (carne, uova e latticini in particolare) dato che, soprattutto entro l’anno di età, per crescere cono molto importanti quote maggiori di grassi “buoni” e carboidrati.

Viviamo il tutto con più serenità possibile, perché la serenità è contagiosa!