Giugno 17, 2019 / Articoli
Il miele, le api, la terra, l’uomo
tratto dal sito del supermercato biologico Spiga d’oro www.spigadoro.org
“ Il miele è una sostanza che cade dall’ aria, specialmente al sorgere delle stelle e quando si incurva l’arcobaleno … l’ape lo porta da tutti i fiori che sbocciano in un calice … essa bottina i succhi di questi fiori con l’organo simile alla lingua”. ( Aristotele, “De generazione animalium”, 343 a.C)
Produzione del miele : dal cielo alla terra
Il sole regola la vita sulla terra: le piante catturano e fissano l’energia che emana, sintetizzandola in materia organica; le piante stesse e l’energia solare che esse conservano vengono utilizzate dagli animali. Possiamo osservare questo specialmente in una colonia di api; un legame virtuoso le unisce alle angiosperme (le piante che producono fiori e frutti proteggendo i semi in un ovario) per sostenersi a vicenda nello scopo primario dei viventi: la propagazione. Le api volano sui fiori e ne traggono materia prima per il miele che nutrirà il loro frutto cioè le colonie figlie, portando a termine con l’impollinazione lo scambio sessuale necessario ai fiori per dare frutti e semi. Il miele è prodotto dalle api a partire da nettare (secrezione zuccherina dei “nettàri” che sono particolari ghiandole normalmente poste alla base dei fiori) , melata (liquido zuccherino bottinato su foglie e altre parti della pianta prodotto da insetti parassiti) e altre soluzioni zuccherine presenti in natura come succo d’uva e succhi di frutti maturi. Aspirati con la proboscide, organo altamente specializzato , nettare , melata e succhi, spinti dal movimento di una cavità preorale che funge da pompa (cibarium), giungono alla borsa melaria che è una dilatazione dell’esofago: qui inizia la trasformazione in miele per l’aggiunta di enzimi dell’apparato digerente delle api. Volando da fiore a fiore le api si cibano del polline (ricco di proteine) e lo raccolgono in appositi cestelli collocati sulle zampette posteriori; così facendo l’ape porta a termine un compito importante di cui è l’agente principale per la conservazione della biodiversità delle angiosperme : l’impollinazione dei fiori. Dalle meravigliate parole di Aristotele, si continua con J. Tautz, uno dei più grandi studiosi del mondo delle api :
“Il miele è la fonte di energia solare nell’ oscurità dell’arnia, l’energia è catturata dalle piante e trasformata chimicamente nello zucchero contenuto nel nettare. Le api mellifere trasportano il nettare all’ interno del nido e accumulano l’energia solare chimicamente convertita sotto forma di miele”.
I fiori sono la sorgente di cibo per le api e il nettare è il raccolto, la bottinatura di conseguenza è acquisizione di energia per l’alveare : si può considerare la produzione di miele nel nido come una raffineria di materie prime (fonte: Tautz, “Il ronzio delle api”). Il punto è quindi che il miele è il carburante che servirà alle api per mantenere in vita e riproduttivo l’alveare che con la propria attività sarà il principale agente di impollinazione delle angiosperme. Questo è il significato primario del miele, un po’ diverso dalla visione antropocentrica che lo vede come dono alimentare per l’uomo, o quella dell’attuale sistema economico che considera nell’ apicoltura convenzionale solo la legge del profitto.
Il processo continua
Giunte nell’ alveare le bottinatrici rigurgitano il contenuto della borsa melaria a cui le api di casa aggiungono altri enzimi elaborandolo: risucchiano e stendono ogni gocciolina per 15/20 minuti portando la percentuale di umidità al 40-50%. Il miele viene poi depositato in celle dove l’evaporazione passiva è ulteriormente favorita dalla ventilazione forzata ottenuta con il movimento delle piccole ali. Quando il miele è sufficientemente concentrato (più dell’80% ) e quindi è maturo, le celle vengono chiuse con un opercolo di cera. Queste operazioni garantiscono la conservazione del miele perché un eccesso di umidità lo farebbe facilmente fermentare. Durante questi processi gli zuccheri contenuti nelle materie prime si trasformano e questo continua anche dopo l’estrazione del miele per uso umano e si completa con il passare dei giorni. L’attività chimica nel miele durante gli anni non cessa modificando colore, sapore, aroma e consistenza associati al deterioramento.
La composizione
E’ variabile la composizione del miele, i fattori che la determinano sono molti: tipo di fiore bottinato, natura del suolo, andamento climatico, sottospecie e razza di api, stato della colonia, tecniche apistiche e altri ancora. Fino ad ora si sono identificate oltre 300 sostanze contenute e vi sono probabilmente componenti ancora non noti (Sabatini 2007, analisi ricavate da soli mieli italiani). Parliamo allora di mieli italiani, la composizione media è : 17,7% di acqua, 77,5% di zuccheri totali ( 72% costituito da fruttosio e glucosio), 2% di saccarosio, 3% di altri zuccheri, 0,3% di acidi organici (determinano la stabilità del miele verso i microorganismi e con altri componenti ne definiscono l’aroma), 0,5% di minerali (i mieli scuri come quello di melata e di castagno ne sono più ricchi), 0,5% di sostanze azotate (proteine e aminoacidi in genere derivanti dal polline) e che tramite un’analisi detta ” melissopalinologia” permettono di riconoscere l’origine botanica e geografica del miele, 3,5% di altre sostanze tra cui vitamine, colloidi, sostanze aromatiche, enzimi (derivanti per la maggior parte dalle secrezioni ghiandolari delle api, si degradano con il tempo o per trattamenti termici e possono essere così indice di freschezza del prodotto), idrossimetil furfurale. Quest’ultimo (HMF) , non presente nel miele fresco , compare per riscaldamento del miele o nel miele vecchio diventando così indice importante di qualità e stato di conservazione del miele; per questo pur non essendo dannoso la legge pone dei limiti alla sua presenza nel miele. Il rapporto tra glucosio e fruttosio è importante perché influenza la cristallizzazione del miele; se prevale il primo (es. mieli primaverili , di tarassaco e in minor grado lavanda, rosmarino, erba medica) la cristallizzazione è maggiore, se prevale il secondo il miele tende a rimanere allo stato liquido (miele di acacia, castagno, salvia, miele di melata ).
Quale miele scegliere
Compriamo miele italiano: purtroppo il miele si presta a enormi sofisticazioni , un miele grezzo biologico italiano di una azienda conosciuta per i corretti metodi di produzione rappresenta sempre un’ottima scelta . Ricordiamo che c’è obbligo di indicazione geografica di produzione sull’ etichetta. Capita spesso che piccoli apicoltori che conosciamo trovino difficoltà nell’ acquisire la denominazione bio, informiamoci, verifichiamo e preferiamo questi alla produzione industriale. Queste scelte di acquisto ci mettono al riparo dal rischio chimico dovuto a presenza di residui di fitosanitari, di inquinamento ambientale, di trattamenti farmacologici e favoriscono la crescita di apicoltura e agricoltura biologica.
La pastorizzazione elimina dagli alimenti la maggior parte dei microorganismi contenuti (si riscalda rapidamente il prodotto a 73°/ 78°per 6/7 minuti) ma usata per il miele è inutile, infatti il miele prodotto con le giuste tecniche ha una conservabilità naturale che non permette lo sviluppo di microorganismi. In genere l’industria utilizza questa tecnica per vendere prodotti di scarsa qualità e mantenere il miele liquido (si vende di più). La pastorizzazione altera le qualità del miele. La legge non è molto chiara per tutelare sia i consumatori che i produttori di miele non pastorizzato; preferiamo quindi un miele grezzo biologico che non deve mai essere sottoposto a nessun trattamento termico per legge (un miele riscaldato oltre i 35° perde gran parte delle sue proprietà) .
Il miele biologico deve essere ottenuto con un apicoltura che sfrutti solo fioriture biologiche o spontanee distanti almeno 3 km da ogni fonte di inquinamento; molti apicoltori biologici sistemano le arnie in parchi naturali o ad alta quota, si impegnano inoltre a porre attenzione e rispettare il complesso equilibrio tra uomo, terra, animali. Le tecniche di allevamento biologiche tendono al benessere degli animali e non tanto al raggiungimento di massime rese; infatti alla fine della stagione produttiva agli alveari vengono lasciate scorte abbondanti di miele e polline sufficienti per superare il periodo invernale. La nutrizione con zucchero che si pratica durante il periodo di quiescenza nell’ apicoltura convenzionale interrompe proprio quel flusso di energia dal sole all’ alveare che come abbiamo visto oltre a preservare la salute dell’ape, è la base della conservazione della biodiversità sulla terra. Le api, indebolite da una nutrizione scorretta resistono di meno alle malattie e agli attacchi dei parassiti e agli inquinanti ambientali.
Conservazione
Va evitata l’esposizione dei vasetti al sole, anche dei vasetti con vetro scuro per l’eventuale innalzamento della temperatura. Il vasetto va conservato ben chiuso per evitare la reidratazione del miele (per l’elevata concentrazione di zuccheri il miele è una sostanza altamente igroscopica) che potrebbe favorire la fermentazione : trasformazione irreversibile che rende il miele non adatto all’ alimentazione umana (un miele fermentato non è comunque dannoso e al massimo se ingerito in grande quantità può provocare solo un po’di diarrea). Il miele fermentato si presenta con striature e chiazzature scure e con una parte liquida, molto fluida, sovrastante la massa solida, il sapore è acido .
Qualche consiglio per consumare il miele (con rispetto e moderazione)
Il miele è conosciuto dal nostro corpo fin da quando uno degli uomini preistorici ha succhiato un favo conoscendone il dolce soave gusto. Ricco di zuccheri il miele andrebbe consumato con moderazione. Dal punto di vista energetico è simile allo zucchero ma il suo aspetto nutrizionale è molto più ricco. Vitamine (soprattutto la C) e la notevole presenza di polifenoli mediano quella che potrebbe essere l’azione negativa di glucosio e fruttosio, come ci insegna il prof. Berrino. Le sostanze che contiene hanno azione antiinfiammatoria e antisettica, molto utile come rimedio per piaghe e bruciature come si sapeva nell’ antichità. E’ ottimo come colluttorio se sciolto in acqua, se applicato puro sulle afte dona sollievo e aiuta la guarigione. Il consumo consigliato dal prof. Berrino è di non più di 1 cucchiaio nella giornata. Come gustarlo ? Su una fetta di buon pane integrale e biologico spalmato di crema di sesamo. Fonti: “ Medicina da mangiare” Franco Berrino, ed. F. Angeli.
Per saperne di più
“Cibo e salute” Vandana Shiva, B. Patwardhan, Mira Shiva, con il contributo di Franco Berrino, ed. Terra Nuova
“Il cibo dell’uomo” Franco Berrino, ed. Franco Angeli
“Medicina da mangiare, Franco Berrino, ed. Franco Angeli
“Il ronzio delle api” Jurgen Tautz, ed. Springer
“La rivoluzione dell’alveare”, Mauro Grasso”, ed. Terra Nuova
“Le Api”, Alberto Contessi, ed. edagricole