Pesce sostenibile

Approfitto delle ultime notizie sulla rivolta dei pescatori per una breve riflessione. I pescatori si lamentano delle multe troppo salate, spropositate rispetto alle infrazioni commesse (es. cattura di pesci di piccola taglia o irregolarità sulla provenienza del pesce, ecc.). Certo, non sono un’esperta di legislazione della pesca, ma leggendo i vari articoli quello che mi colpisce, al di là dei torti o delle ragioni dei pescatori, è che focalizziamo ancora tutto il nostro consumo di pesce su poche specie ittiche come il pesce spada, il branzino, i gamberi e sicuramente il tonno, anche se non citato negli articoli sulle proteste.

Il danno ambientale dovuto alla pesca illegale e intensiva è già di per sé un buon motivo per smettere di mangiarlo, ma è pur vero che l’uomo lo consuma fin dall’alba dei tempi e non se ne possono non apprezzare alcuni benefici.

Tutte le proteine animali, pesce compreso, apportano all’organismo composti acidificanti e per questo non devono essere consumate in eccesso, ma se assunto da 1 a 3 volte alla settimana, il pesce sembra essere molto utile per l’apporto di omega-3 (diversi da quelli presenti in noci, semi di lino e alghe), ma anche per lo iodio, il fosforo e le proteine concentrate e nobili, ideali per chi deve perdere peso o rafforzare la massa muscolare. È noto che le popolazioni che consumano tradizionalmente pesce siano più longeve, come ad esempio in Giappone, e secondo diversi studi consumare pesce riduce il rischio di alcune malattie come quelle cognitive, cardiovascolari e la depressione.

Ma di quale pesce stiamo parlando?

Pesci grandi come tonno, salmone e spada accumulano molti metalli pesanti e assorbono altri inquinanti (es. PCB e diossine) dal mare (le tossine si accumulano maggiormente nel grasso corporeo, quindi più il pesce è grasso e più sarà inquinato!). Inoltre, visto che negli ultimi 50 anni la domanda globale di pesce è quasi raddoppiata, da un lato i governi hanno sovvenzionato la pesca industriale, favorendo la pesca eccessiva e lo svuotamento dei mari, dall’altro sono aumentati gli allevamenti intensivi di pesce, alimentato con mangimi industriali e a cui vengono dati antibiotici o altri farmaci (oltre al fatto che crescono ammassati gli uni sugli altri!). Se poi si allevano o pescano specie carnivore come salmone e tonno che si nutrono di altri pesci, non faremo che peggiorare la pesca intensiva catturando pesci per altri pesci!

In questo modo è stata minata la piccola pesca artigianale che spesso, ma non sempre, è una pesca sostenibile. Per pesca sostenibile si intende quella che “utilizza attrezzi che non danneggiano fondali e habitat marini e che rispetta i ritmi biologici del mare, consentendo ai pesci di riprodursi e svilupparsi fino ad aver raggiunto la maturità sessuale. Sostenibile è il pescatore che rispetta le regole, che utilizza solo attrezzi consentiti e opera in aree e periodi autorizzati, pescando solo ciò che il mare può offrirci, senza sprechi e con il minor impatto possibile sulle risorse e gli habitat marini. Solo garantendo un corretto equilibrio tra le risorse disponibili e le attività di pesca, potremmo garantire anche un futuro prospero e duraturo al mare, alla pesca e ai pescatori.” (Greenpeace).

Mangiare pesce in modo consapevole è possibile, ma richiede un grande sforzo, a partire dai consumatori!

Consigli per l’acquisto

Non sarà necessario dilungarmi perché Slow Food ha creato una guida all’acquisto di pesci sostenibili molto chiara e intuitiva, facile da consultare e completa: http://slowfood.com/slowfish//filemanager/guide/guida_ITA_bassa.pdf

Qui sono indicate le specie da acquistare o meno, in base alla stagione, al rischio di estinzione o di danni all’ambiente e alla salute. I principi di base sono gli stessi che usiamo per frutta e verdura: preferire specie locali, stagionali e pesci adulti di piccola taglia (l’ideale è sempre il buon vecchio pesce azzurro, ancor meglio se è pesce negletto, cioè quello meno famoso e meno richiesto dai consumatori).

Purtroppo per come siamo abituati (pasta con il tonno, merluzzo in padella, branzino al forno e salmone sui crostini) sarà molto difficile cambiare abitudini: inizialmente richiederà un grande sforzo per capire dove acquistare e come cucinare il pesce azzurro. Ma dobbiamo renderci conto del fatto che non abbiamo alternativa se non vogliamo far scomparire un ecosistema, con relative conseguenze.

A mio avviso un buon compromesso può essere quello di consumare pesce 2 (massimo 3) volte alla settimana in questo modo: nei giorni lavorativi potete usare lo sgombro in vasetto al posto del tonno (preferendo sempre quello pescato con metodo sostenibile), mentre nel fine settimana, quando magari c’è un po’ più tempo per andare dal pescivendolo, potete acquistare del pesce azzurro da fare ad esempio al forno o al cartoccio o in padella con aromi. Possiamo concedercelo una volta in più quando siamo al ristorante, dove possiamo preferire il pesce ad un piatto di carne o a primi piatti pesanti a base di farine raffinate e formaggi. In questo caso è consigliato chiedere la provenienza del pesce o almeno se è stato pescato o no. Non abbiate paura di chiedere: un buon ristoratore vi risponderà volentieri e scoprirete che ci sono ristoranti di pesce che usano specie locali a minor prezzo!

E se proprio non volete rinunciare alla pasta con il tonno, potete almeno scegliere il tonno pescato a canna (indicato in etichetta) e ridurlo ad una volta a settimana.  Provate a sostituire il tonno nella pasta o nelle insalatone con dei legumi (fagioli, ceci, piselli, lenticchie, ecc.).

Ancora una volta la nostra cara dieta mediterranea (quella vera, non la rivisitazione con pasta e pizza) che prevede cereali integrali, legumi, frutta e verdura, semi oleosi e poco pesce si rivela vincente in tutti i settori: salute e rispetto per la terra e i suoi abitanti.

Per approfondire:

http://www.greenpeace.org/italy/it/campagne/oceani/pesca/Pesca-sostenibile/

http://www.ilfattoalimentardr507569@hotmail.ite.it/tonnosostenibile-certificazioni.html

 

Dott.ssa Alice Peltran – Biologa Nutrizionista

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