Luglio 3, 2012 / Articoli
Uomini e Semi
Dopo un viaggio a Istanbul un pensiero si è annidato nella mia testa…chi avrà ragione…chi basa tutto sulla concorrenza, difendendo a spada tratta il nome, il logo, la peculiarità, facendo ben attenzione ad aprire un’attività lontana da altre attività simili…o il modello turco, dove ogni via è dedicata ad un’attività commerciale: una via tutta di elettrodomestici, un’altra tutta di stoffe…così se a un negoziante manca un articolo, magari lo si trova dal vicino…e il commerciante stesso ve lo indica…
Nonostante sia nata e cresciuta nel clima del nordest, la concorrenza non riesce a scorrermi nelle vene, penso piuttosto che la diversità arricchisca sempre, che lo scambio sia vita, che la chiusura e la diffidenza portino all’affossamento, alla morte…
Un pensiero simile si è formulato anche dopo aver conosciuto il professor Ceccarelli, genetista, che per una vita intera si è occupato di sementi presso l’International Center for Agricultural Research in Dry Areas, in Siria. In questo centro di ricerca il lavoro si è svolto fianco a fianco degli agricoltori…solitamente i centri di ricerca per il miglioramento genetico delle sementi sfornano i semi “adeguati” alle condizioni ambientali, non tenendo conto delle esigenze degli agricoltori che li andranno poi ad utilizzare: potrebbero ad esempio preferire piante meno produttive ma con caratteristiche più vicine alle loro esigenze; chi ha animali da sfamare preferisce raccogliere poco ma tutti gli anni, chi deve vendere il grano preferisce raccogliere il massimo 1 anno ogni 3-4, e così via. Ceccarelli ha così creato un esempio virtuosissimo di miglioramento genetico partecipato, in cui la ricerca si mette al servizio delle reali esigenze dell’uomo e non della ricerca fine a se stessa o, ancor peggio, dell’industria.
Ma Istanbul mi è tornata alla mente ancor più quando Ceccarelli ha raccontato di come sia in uso seminare in una parte del terreno miscele di diversi tipi di grano (ma si fa anche con il mais, con il pomodoro ecc.), in modo da permettere l’ibridazione e avere sempre a disposizione piante con caratteristiche che cambiano negli anni perché man mano si adattano ai cambiamenti climatici e di quel terreno; questo garantisce una riserva personalizzata di semi naturalmente resistenti, adattati, dal quale l’agricoltore può attingere per avere piante più produttive o più resistenti, o con caratteristiche adatte alle sue esigenze del momento.
Queste miscele vengono utilizzate anche dagli agricoltori-panificatori francesi con la differenza che in questo caso la miscela è in pieno campo ed ogni anno è destinata a mutare, producendo una farina con cui si panifica che Ceccarelli ha definito “pane d’annata”, come il vino, ogni anno con sfumature diverse.
Ma allora mi chiedo: ha senso difendere dall’ibridazione, che naturalmente accadrebbe in natura, le culture dei cereali antichi come il monococco, piave, verna, gentil rosso ecc. con il rischio di coltivare cereali non perfettamente adattati alla zona a disposizione? O sarebbe meglio assecondare la natura e rimanere aperti a ciò che di nuovo ci propone, valutandone gli eventuali vantaggi?
Per chiudere il cerchio dei pensieri, mi verrebbe da pensare a un parallelo tra le miscele di cereali nei campi e le miscele degli uomini e delle razze nelle società: non mescolarsi protegge la purezza o impoverisce? E la concorrenza non ci preclude forse la ricchezza della collaborazione?
Teresa
4 Luglio 2012 - 15:36ciao michela!finalmente scrivi ed è sempre un piacere condividere i tuoi pensieri.Mi verrebbe da dire che sarebbe ,forse,meglio lasciare fare alla natura che saprà scegliere quello che è utile per gli esseri viventi.All’uomo il compito di osservare e di proteggerla.Per quanto riguarda i matrimoni misti,il discorso può diventare più complesso;personalmente non sono contraria ai matrimoni fra etnie diversi se c’è intelligenza e comprensione.Ho conosciuto una carissima ragazza a Cuba eti diròche a me piacerebbe averla come nuora.Ma il destino…. Un abbraccio Teresa