La depressione vien mangiando

foto ilgiornale.it

Ho letto con profondo piacere due articoli apparsi all’American Journal of Psichiatry, dove si parla della correlazione tra modelli alimentari e malattie psichiatriche come la depressione, l’ansia e la distimia o depressione minore.

Non riesco a non essere travolta dall’entusiasmo quando vedo scritto nero su bianco in una rivista autorevole, quello che quotidianamente mi risulta evidente: introducendo quotidianamente un pugno (ad ognuno il suo!) di semi oleosi, almeno una porzione di cereali integrali ed una piccola porzione di legumi si possono notare miglioramenti nella concentrazione, diminuzione della fame nervosa e complessivamente uno stato di miglior benessere.

Il risultato evidenziato da 3 studi di cui potete leggere l’intero articolo sull’American Journal of Psichiatry, è il seguente:

nel primo studio trasversale australiano sono stati messi a confronto 3 modelli alimentari:

Tradizionale: ortaggi, manzo, agnello, pesce, farina integrale

Occidentale: pizza, patatine fritte, pane bianco, zucchero, birra, bevande a base di latte aromatizzato, carni lavorate, hamburger, torte di carne.

Moderno: frutta, insalate, pesce, tofu, fagioli, semi oleosi, yogurt, vino rosso.

Dal confronto tra i questionari sullo stato di salute generale che sono stati utilizzati come verifica, una volta aggiustati i dati raccolti per età, stato socioeconomico, educazione e stile di vita è emersa una maggior tasso di incidenza di depressione nella dieta occidentale rispetto alle diete tradizionale e moderna.

Nei due studi prospettici invece uno spagnolo ed uno inglese, emerge come la dieta mediterranea ed in particolar modo il consumo di frutta, semi oleosi, legumi e la sostituzione del consumo di grassi saturi con grassi insaturi, sia inversamente correlato all’incidenza della depressione.

Leggendo questi studi diventa incomprensibile l’abisso sempre più profondo che separa la pubblicità alimentare e dalla prevenzione pubblica.

Sempre più profondo per l’utilizzo di tecniche di di distorsione dell’informazione e di comunicazione sempre più raffinate.

Quando dobbiamo comprare una lavatrice ci interessa non essere raggirati, non acquistare un prodotto inadeguato per le nostre esigenze…ma il fastidio si limita al massimo ad un danno economico.

Quando acquistiamo cibo per noi e per i nostri figli il danno può essere ben più importante.

La pubblicità ci può portare a pensare che meno calorie e meno colesterolo siano le caratteristiche di un alimento più importanti per la salute, facendoci acquistare alimenti apparentemente più sani…ma che nel tempo ci portano a sviluppare obesità, malattie cardiovascolari, malattie tumorali, allergie, malattie autoimmuni, depressione, ecc.

E così i nostri carrelli per la spesa si riempiono di scatolette, alimenti surgelati e cibi pronti , con bellissime confezioni e frasi bucoliche che riportano alla naturalità ed alla salubrità del prodotto piuttosto che al vero contenuto di quello che stiamo per pagare a volte anche a caro prezzo.

Ma il problema alla fine mi pare sempre lo stesso: se la popolazione ritornasse ad un’aliment azione più sana, che tra l’altro risulta anche molto economica, fatta di minestre di legumi e cereali, pane fatto in casa e magari di ortaggi autoprodotti… chi ci guadagnerebbe veramente, a parte la nostra salute?

Ho letto con profondo piacere due articoli apparsi all’American Journal of Psichiatry, dove si parla della correlazione tra modelli alimentari e malattie psichiatriche come la depressione, l’ansia e la distimia o depressione minore.

Non riesco a non essere travolta dall’entusiasmo quando vedo scritto nero su bianco in una rivista autorevole, quello che quotidianamente mi risulta evidente: introducendo quotidianamente un pugno (ad ognuno il suo!) di semi oleosi, almeno una porzione di cereali integrali ed una piccola porzione di legumi si possono notare miglioramenti nella concentrazione, diminuzione della fame nervosa e complessivamente uno stato di miglior benessere.

Il risultato evidenziato da 3 studi di cui potete leggere l’intero articolo sull’American Journal of Psichiatry, è il seguente:

nel primo studio trasversale australiano sono stati messi a confronto 3 modelli alimentari:

Tradizionale: ortaggi, manzo, agnello, pesce, farina integrale

Occidentale: pizza, patatine fritte, pane bianco, zucchero, birra, bevande a base di latte aromatizzato, carni lavorate, hamburger, torte di carne.

Moderno: frutta, insalate, pesce, tofu, fagioli, semi oleosi, yogurt, vino rosso.

Dal confronto tra i questionari sullo stato di salute generale che sono stati utilizzati come verifica, una volta aggiustati i dati raccolti per età, stato socioeconomico, educazione e stile di vita è emersa una maggior tasso di incidenza di depressione nella dieta occidentale rispetto alle diete tradizionale e moderna.

Nei due studi prospettici invece uno spagnolo ed uno inglese, emerge come la dieta mediterranea ed in particolar modo il consumo di frutta, semi oleosi, legumi e la sostituzione del consumo di grassi saturi con grassi insaturi, sia inversamente correlato all’incidenza della depressione.

Leggendo questi studi diventa incomprensibile l’abisso sempre più profondo che separa la pubblicità alimentare e dalla prevenzione pubblica.

Sempre più profondo per l’utilizzo di tecniche di di distorsione dell’informazione e di comunicazione sempre più raffinate.

Quando dobbiamo comprare una lavatrice ci interessa non essere raggirati, non acquistare un prodotto inadeguato per le nostre esigenze…ma il fastidio si limita al massimo ad un danno economico.

Quando acquistiamo cibo per noi e per i nostri figli il danno può essere ben più importante.

La pubblicità ci può portare a pensare che meno calorie e meno colesterolo siano le caratteristiche di un alimento più importanti per la salute, facendoci acquistare alimenti apparentemente più sani…ma che nel tempo ci portano a sviluppare obesità, malattie cardiovascolari, malattie tumorali, allergie, malattie autoimmuni, depressione, ecc.

E così i nostri carrelli per la spesa si riempiono di scatolette, alimenti surgelati e cibi pronti , con bellissime confezioni e frasi bucoliche che riportano alla naturalità ed alla salubrità del prodotto piuttosto che al vero contenuto di quello che stiamo per pagare a volte anche a caro prezzo.

Ma il problema alla fine mi pare sempre lo stesso: se la popolazione ritornasse ad un’aliment azione più sana, che tra l’altro risulta anche molto economica, fatta di minestre di legumi e cereali, pane fatto in casa e magari di ortaggi autoprodotti… chi ci guadagnerebbe veramente, a parte la nostra salute?

4 Risposte all'articolo “La depressione vien mangiando”

  1. mammachegiochi
    11 Novembre 2010 - 00:03

    Veramente bello questo post!Colpisce nel segno, è tempo che diventi più responsabile delle mie scelte alimentari, anche per il bene delle mie bambine.Vi seguirò con interesse!
    Sabrina

    Rispondi
    1. Michela Trevisan
      14 Novembre 2010 - 12:32

      …siamo gli unici animali che insegnano ai propri cuccioli a scegliere alimenti che fanno ammalare e che abbassano la capacità riproduttiva e la qualità della vita…forse dovremmo proprio riprenderci questo pezzo di responsabilità!

      Rispondi
  2. sara
    3 Aprile 2011 - 14:13

    Certo, più ci si alimenta in maniera non naturale, più si è a rischio di depressione e viceversa…più si è depressi più si assumono cibi dannosi per la salute. Sembra essere un circolo vizioso che ha mai fine…I fatti sono due: ciò di cui abbiamo veramente “fame” è l’amore e, purtroppo, ci illudiamo che cibi molto raffinati e altamente calorici sopperiscano a questo bisogno dell’anima…Inoltre, i medici dell’ASL, piuttosto che dall’ospedale, non interviene affatto, in caso di depressione, sul tipo di dieta consumata dal paziente. Si continua con la somministrare di psicofarmaci. Un esempio: qualsiasi medico può essere d’accordo che la tachicardia può essere causata (in assenza di altre cause funzionali) da una carenza di sali minerali, come il calcio e, soprattuto, il magnesio; nei fatti, però, nessuno va a fare un’analisi per rilevare questa carenza, ma vengono somministrati immediatamente ansiolitici, supponendo quasi sempre la causa ansiosa psico-somatica. In ogni caso, postulata questa causa, si dovrebbe intervenire a livello pischico, mentale ed emozionale e non a livello di chimica, di sintesi oltretutto…

    Rispondi
    1. Michela Trevisan
      15 Maggio 2011 - 20:03

      Cara Sara le tue parole si commentano da sole, grazie! sulla tachicardia aggiungerei inoltre che spesso è causata anche da maldigestione, per consumo di cibi troppo raffinati e conditi, oppure da intolleranza a qualche alimento…ma certamente senza riconoscimento alcuno, ma anzi rincarando la dose sulle origini psicologiche del supposto problema!

      Rispondi

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