Novembre 1, 2010 / Articoli
La depressione vien mangiando
foto ilgiornale.it
Ho letto con profondo piacere due articoli apparsi all’American Journal of Psichiatry, dove si parla della correlazione tra modelli alimentari e malattie psichiatriche come la depressione, l’ansia e la distimia o depressione minore.
Non riesco a non essere travolta dall’entusiasmo quando vedo scritto nero su bianco in una rivista autorevole, quello che quotidianamente mi risulta evidente: introducendo quotidianamente un pugno (ad ognuno il suo!) di semi oleosi, almeno una porzione di cereali integrali ed una piccola porzione di legumi si possono notare miglioramenti nella concentrazione, diminuzione della fame nervosa e complessivamente uno stato di miglior benessere.
Il risultato evidenziato da 3 studi di cui potete leggere l’intero articolo sull’American Journal of Psichiatry, è il seguente:
nel primo studio trasversale australiano sono stati messi a confronto 3 modelli alimentari:
Tradizionale: ortaggi, manzo, agnello, pesce, farina integrale
Occidentale: pizza, patatine fritte, pane bianco, zucchero, birra, bevande a base di latte aromatizzato, carni lavorate, hamburger, torte di carne.
Moderno: frutta, insalate, pesce, tofu, fagioli, semi oleosi, yogurt, vino rosso.
Dal confronto tra i questionari sullo stato di salute generale che sono stati utilizzati come verifica, una volta aggiustati i dati raccolti per età, stato socioeconomico, educazione e stile di vita è emersa una maggior tasso di incidenza di depressione nella dieta occidentale rispetto alle diete tradizionale e moderna.
Nei due studi prospettici invece uno spagnolo ed uno inglese, emerge come la dieta mediterranea ed in particolar modo il consumo di frutta, semi oleosi, legumi e la sostituzione del consumo di grassi saturi con grassi insaturi, sia inversamente correlato all’incidenza della depressione.
Leggendo questi studi diventa incomprensibile l’abisso sempre più profondo che separa la pubblicità alimentare e dalla prevenzione pubblica.
Sempre più profondo per l’utilizzo di tecniche di di distorsione dell’informazione e di comunicazione sempre più raffinate.
Quando dobbiamo comprare una lavatrice ci interessa non essere raggirati, non acquistare un prodotto inadeguato per le nostre esigenze…ma il fastidio si limita al massimo ad un danno economico.
Quando acquistiamo cibo per noi e per i nostri figli il danno può essere ben più importante.
La pubblicità ci può portare a pensare che meno calorie e meno colesterolo siano le caratteristiche di un alimento più importanti per la salute, facendoci acquistare alimenti apparentemente più sani…ma che nel tempo ci portano a sviluppare obesità, malattie cardiovascolari, malattie tumorali, allergie, malattie autoimmuni, depressione, ecc.
E così i nostri carrelli per la spesa si riempiono di scatolette, alimenti surgelati e cibi pronti , con bellissime confezioni e frasi bucoliche che riportano alla naturalità ed alla salubrità del prodotto piuttosto che al vero contenuto di quello che stiamo per pagare a volte anche a caro prezzo.
Ma il problema alla fine mi pare sempre lo stesso: se la popolazione ritornasse ad un’aliment azione più sana, che tra l’altro risulta anche molto economica, fatta di minestre di legumi e cereali, pane fatto in casa e magari di ortaggi autoprodotti… chi ci guadagnerebbe veramente, a parte la nostra salute?
Ho letto con profondo piacere due articoli apparsi all’American Journal of Psichiatry, dove si parla della correlazione tra modelli alimentari e malattie psichiatriche come la depressione, l’ansia e la distimia o depressione minore.
Non riesco a non essere travolta dall’entusiasmo quando vedo scritto nero su bianco in una rivista autorevole, quello che quotidianamente mi risulta evidente: introducendo quotidianamente un pugno (ad ognuno il suo!) di semi oleosi, almeno una porzione di cereali integrali ed una piccola porzione di legumi si possono notare miglioramenti nella concentrazione, diminuzione della fame nervosa e complessivamente uno stato di miglior benessere.
Il risultato evidenziato da 3 studi di cui potete leggere l’intero articolo sull’American Journal of Psichiatry, è il seguente:
nel primo studio trasversale australiano sono stati messi a confronto 3 modelli alimentari:
Tradizionale: ortaggi, manzo, agnello, pesce, farina integrale
Occidentale: pizza, patatine fritte, pane bianco, zucchero, birra, bevande a base di latte aromatizzato, carni lavorate, hamburger, torte di carne.
Moderno: frutta, insalate, pesce, tofu, fagioli, semi oleosi, yogurt, vino rosso.
Dal confronto tra i questionari sullo stato di salute generale che sono stati utilizzati come verifica, una volta aggiustati i dati raccolti per età, stato socioeconomico, educazione e stile di vita è emersa una maggior tasso di incidenza di depressione nella dieta occidentale rispetto alle diete tradizionale e moderna.
Nei due studi prospettici invece uno spagnolo ed uno inglese, emerge come la dieta mediterranea ed in particolar modo il consumo di frutta, semi oleosi, legumi e la sostituzione del consumo di grassi saturi con grassi insaturi, sia inversamente correlato all’incidenza della depressione.
Leggendo questi studi diventa incomprensibile l’abisso sempre più profondo che separa la pubblicità alimentare e dalla prevenzione pubblica.
Sempre più profondo per l’utilizzo di tecniche di di distorsione dell’informazione e di comunicazione sempre più raffinate.
Quando dobbiamo comprare una lavatrice ci interessa non essere raggirati, non acquistare un prodotto inadeguato per le nostre esigenze…ma il fastidio si limita al massimo ad un danno economico.
Quando acquistiamo cibo per noi e per i nostri figli il danno può essere ben più importante.
La pubblicità ci può portare a pensare che meno calorie e meno colesterolo siano le caratteristiche di un alimento più importanti per la salute, facendoci acquistare alimenti apparentemente più sani…ma che nel tempo ci portano a sviluppare obesità, malattie cardiovascolari, malattie tumorali, allergie, malattie autoimmuni, depressione, ecc.
E così i nostri carrelli per la spesa si riempiono di scatolette, alimenti surgelati e cibi pronti , con bellissime confezioni e frasi bucoliche che riportano alla naturalità ed alla salubrità del prodotto piuttosto che al vero contenuto di quello che stiamo per pagare a volte anche a caro prezzo.
Ma il problema alla fine mi pare sempre lo stesso: se la popolazione ritornasse ad un’aliment azione più sana, che tra l’altro risulta anche molto economica, fatta di minestre di legumi e cereali, pane fatto in casa e magari di ortaggi autoprodotti… chi ci guadagnerebbe veramente, a parte la nostra salute?
mammachegiochi
11 Novembre 2010 - 00:03Veramente bello questo post!Colpisce nel segno, è tempo che diventi più responsabile delle mie scelte alimentari, anche per il bene delle mie bambine.Vi seguirò con interesse!
Sabrina